Plastica compostabile: che cos’è e dove si butta

Dicembre 2021 – Negli ultimi anni in Italia abbiamo imparato a conoscere la plastica compostabile, presente in molti prodotti di uso comune come shopper, sacchetti per frutta e verdura, capsule per caffè e altro. Eppure non sempre si comprende il valore aggiunto che questi materiali possono apportare all’economia circolare.

In questo articolo vedremo più in dettaglio cos’è la plastica biodegradabile e compostabile e dove si butta dopo l’uso. Continua a leggere !

Perché si dice che la plastica non è biodegradabile?

Le materie plastiche sono diventate materiali chiave nella vita moderna per la loro versatilità e leggerezza e per i costi di produzione relativamente bassi. Tuttavia, se non viene correttamente raccolta e recuperata, la plastica dispersa nell’ambiente è destinata a rimanere in natura per molti anni, causando danni ambientali severi. Questo ci consente di dire che la plastica non è biodegradabile?

Cosa vuol dire “biodegradabilità”

La parola “biodegradabile” indica quei materiali che in condizioni naturali si decompongono in componenti più semplici, come acqua, anidride carbonica e sali minerali. Il processo avviene a carico di batteri, luce solare, umidità e altri agenti biologici.

Tutti i materiali prima o poi si degradano; tuttavia alcuni, come un sacchetto di polietilene o una bottiglia in PET richiedono un tempo estremamente lungo prima di degradarsi in una forma che non costituisca più una minaccia per l’ambiente. Le plastiche di origine fossile tendono poi a disintegrarsi in pezzi più piccoli, formando microplastiche che si accumulano nell’ambiente e lo danneggiano anche se non sono visibili ad occhio nudo.  Per questi motivi le plastiche vengono comunemente dette “non biodegradabili”.

Le plastiche di origine fossile permangono a lungo nell'ambiente se non sono correttamente smaltite
Le plastiche di origine fossile permangono a lungo nell’ambiente se non sono correttamente smaltite

Le bioplastiche: è d’obbligo il plurale

Secondo European Bioplastics, l’1% circa della plastica e dei prodotti in plastica sul mercato globale sono bioplastiche, cioè a base biologica e/o biodegradabili e/o compostabili .

Tutte queste definizioni non sono sinonimi: il nome “bioplastiche” racchiude infatti diverse tipologie di materiale, poiché il prefisso “bio” può riferirsi alla loro origine (“bio-based” o “base biologica”) o al loro fine-vita dopo l’uso (“bio-degradabile”). Il termine “bioplastica” rischia quindi di prestarsi a fraintendimenti; per conoscere le differenze, continua a leggere!

Da dove vengono le bioplastiche?

Guardando alle materie prime con cui è possibile produrre bioplastiche, ci sono due possibilità:

  1. Plastiche a base biologica, ossia bio-based, ottenute in tutto o in parte da fonti rinnovabili (ad esempio mais o canna da zucchero): la definizione riguarda solo l’origine della materia prima e non è legata in alcun modo alla capacità del materiale di biodegradarsi o meno. In questa famiglia rientrano quindi plastiche bio-based biodegradabili e non. 
  2. Plastiche di origine fossile che però sono biodegradabili. Questi materiali rientrano nella definizione di bio-plastica, in quanto bio-degradabili, ma derivano da fonti fossili o comunque hanno un contenuto di componenti di origine fossile superiore al 50%.

Dove finiscono le bioplastiche?

Considerando il possibile destino delle bioplastiche quando raggiungono il loro fine-vita, abbiamo altre due possibilità:

  1. Plastiche non biodegradabili che però sono a base biologica: si tratta di alternative “bio” alle plastiche tradizionali e si parla di bio-polietilene, bio-polipropilene e bio-PET. Anche se derivano da fonti rinnovabili, hanno tutte le caratteristiche della plastica tradizionale e con essa vanno recuperate e riciclate.
  2. Plastiche biodegradabili e a base biologica: questa tipologia di materiali chiude il percorso della bioeconomia circolare perchè hanno origine da fonti rinnovabili e, se smaltiti correttamente, tornano a biodegradarsi nel suolo che rigenera la fonte organica.
Le plastiche biodegradabili e a base biologica chiudono il percorso della bioeconomia circolare
Le plastiche biodegradabili e a base biologica chiudono il percorso della bioeconomia circolare

Inseguendo la compostabilità

La compostabilità è una proprietà ancora più stringente della biodegradabilità. Sono compostabili quei prodotti che, in determinate condizioni di trattamento, si biodegradano in un periodo di tempo ben definito, con assenza comprovata di effetti negativi sulla qualità del compost risultante.

La norma UNI EN 13432

Esiste una normativa europea che permette di individuare con chiarezza gli imballaggi biodegradabili e compostabili: si tratta della norma tecnica EN 13432, che regola le caratteristiche che l’imballaggio deve avere perché sia compostabile negli impianti industriali. La norma in questione prevede che l’imballaggio superi i test di verifica in condizioni specifiche, dimostrando le seguenti caratteristiche:

  • Biodegradabilità (ovvero la capacità di essere convertito in CO2, acqua e biomassa sotto l’azione di microrganismi);
  • Disintegrabilità (ovvero la capacità di frammentarsi e non essere più visibile nel compost finale);
  • Assenza di effetti negativi sul processo di compostaggio e sulla qualità del compost finale;
  • Bassi livelli di metalli pesanti e composti fluorurati;
  • Assenza di effetti ecotossici sulle piante.
La norma EN 13432 verifica che il trattamento di imballaggi compostabili non comporti effetti ecotossici sulle piante
La norma EN 13432 verifica che il trattamento di imballaggi compostabili non comporti effetti ecotossici sulle piante

La compostabilità certificata

Esistono standard europei di certificazione ed etichettatura per confermare la compostabilità della plastica. Tali sistemi sono fondamentali per i produttori ma anche e soprattutto per i cittadini: infatti aiutano a identificare i prodotti effettivamente compostabili, che possono essere riciclati insieme all’umido domestico.

Ai consumatori si raccomanda quindi di fare attenzione alle etichette degli imballaggi e conferire nella frazione umida solo i prodotti certificati per il compostaggio industriale. Quelli che riportano diciture più generiche come “biodegradabile” o “di origine biologica” potrebbero biodegradarsi troppo lentamente oppure frammentarsi in microplastiche.

Plastica compostabile: che cos’è e dove si butta, Itscompostable

Un esempio di plastica biodegradabile e compostabile: il Mater-Bi

Sotto il nome Mater-Bi ricade una famiglia di bioplastiche biodegradabili e compostabili a base di amido di mais e altri polimeri biodegradabili. Grazie al suo alto contenuto di materie prime rinnovabili, il Mater-Bi è perfettamente compatibile con i cicli di trattamento degli impianti di compostaggio industriale. Queste caratteristiche sono comprovate dalle certificazioni rilasciate secondo la norma EN 13432 dall’ente TUV Austria, dal Biodegradable Products Institute e dal Consorzio Italiano Compostatori.

La formulazione della miscela permette di modularne le proprietà in modo da poterlo utilizzare in diverse applicazioni:

  • Agricoltura: i film in Mater-Bi sviluppati per le colture orticole si biodegradano in suolo, semplificando la gestione del rifiuto plastico nei processi agricoli;
  • Ristorazione: quando non è possibile o conveniente utilizzare stoviglie lavabili e riutilizzabili, la scelta di stoviglie compostabili in Mater-Bi semplifica la gestione dei rifiuti;
  • GDO: il Mater-Bi è diffusamente utilizzato nei sacchetti per il reparto frutta e nelle buste per la spesa, queste ultime riutilizzabili anche per la raccolta dei rifiuti organici;
  • Raccolta differenziata: l’alto grado di compostabilità e resistenza all’umidità rende il Mater-Bi funzionale alla realizzazione di sacchetti per la frazione organica dei rifiuti domestici.
  • Packaging: alcuni gradi di Mater-Bi sono stati sviluppati appositamente per l’imballaggio, raggiungendo le stesse proprietà meccaniche e protettive dei materiali tradizionali. Un esempio? Qui puoi esplorare le caratteristiche dell’innovativo packaging del team di itscompostable.

Il packaging compostabile va nella raccolta differenziata dei rifiuti organici

In Italia, gli imballaggi in plastica biodegradabile e compostabile certificata, alla fine del loro utilizzo, possono essere raccolti con i rifiuti organici umidi per essere poi trattati in opportuni impianti di compostaggio.

La produzione e l’utilizzo di manufatti compostabili in Italia ha avuto inizio più di 25 anni fa con l’impiego dei sacchetti compostabili. Tale anticipazione sui tempi ha contribuito alla crescita e all’ottimizzazione del sistema italiano della raccolta differenziata della frazione umida, che oggi è uno dei più avanzati al mondo per diffusione territoriale e per quantitativi e qualità dei rifiuti raccolti.

Secondo il Rapporto Rifiuti Urbani di Ispra, in Italia nel 2019 la raccolta dell’umido ha toccato quota 4.6 milioni di tonnellate, contro i 3.5 milioni della carta e 1.5 milioni della plastica. L’organico è quindi la componente più importante nella raccolta domestica.

La raccolta differenziata dell'umido in Italia ha tra i più alti tassi di diffusione territoriale e quantitativi raccolti
La raccolta differenziata dell’umido in Italia ha tra i più alti tassi di diffusione territoriale e quantitativi raccolti

Gli impianti di compostaggio industriale in Italia

Le plastiche compostabili certificate che oggi si trovano nei rifiuti organici ammontano al 3.9% del peso totale della frazione.

Il Consorzio Italiano Compostatori (CIC) ha reso noto che in Italia l’impiantistica dedicata al riciclo dei rifiuti organici rappresenta “una filiera qualificata ed efficiente nella gestione di imballaggi in plastica compostabile”. Al termine del processo di compostaggio non si trovano più residui di bioplastica, a riprova della completa biodegradazione dei prodotti certificati.

Le opportunità e le sfide dello smaltimento della plastica compostabile

Il compostaggio industriale fa sì che il rifiuto organico si trasformi in compost, un prodotto ricco in humus, in flora microbica attiva e in microelementi, che favorisce la fertilizzazione dei campi e contribuisce a combattere impoverimento del suolo e desertificazione.

In base alle stime del CIC, nel 2018 grazie alla raccolta differenziata dei rifiuti organici sono state prodotte più di 2 milioni di tonnellate di compost, che hanno risparmiato 4.3 milioni di tonnellate di emissioni di anidride carbonica rispetto allo smaltimento in discarica.

Il compost è ricco in nutrienti che favoriscono la fertilizzazione dei campi e contribuiscono a combattere l'impoverimento del suolo
Il compost è ricco in nutrienti che favoriscono la fertilizzazione dei campi e contribuiscono a combattere l’impoverimento del suolo

Uno dei problemi che il CIC ha sollevato è legato alla grande presenza di plastica tradizionale all’interno dei rifiuti organici, che rischia di compromettere la produzione di compost di qualità. I materiali non compostabili che si trovano nei rifiuti organici sono circa il 5.2% e la plastica rappresenta il 3.1% del totale.

Per evitare contaminazioni, la plastica non compostabile viene rimossa dai rifiuti in entrata all’impianto, con interventi impegnativi sia sul piano dei costi sia su quello degli investimenti. Inoltre, durante questi processi è facile che vengano rimosse anche porzioni di umido e bioplastiche che invece avrebbero potuto essere riciclate. Questa perdita di materiale in ingresso fa diminuire ulteriormente l’efficienza dell’impianto, contribuendo ad aumentare i costi di gestione.

La contaminazione della plastica convenzionale è una sfida crescente per la qualità del compost.  Per cercare di limitare questo fenomeno, bisogna partire da campagne di comunicazione, sia istituzionali che commerciali, che chiariscano ai consumatori la differenza tra plastica convenzionale e plastica compostabile e che possano guidarli verso il corretto smaltimento del rifiuto.

Da questo punto di vista, le indicazioni riportate sulle etichette degli imballaggi e le certificazioni attestanti la loro effettiva compostabilità possono aiutare molto i consumatori a distinguere gli imballaggi destinati al riciclo organico.

Anche noi speriamo con questo articolo di aver contribuito ad informare e a fare chiarezza sulla plastica compostabile e sul suo valore aggiunto per la bioeconomia circolare.

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